Il protagonista di questa vicenda è un radiologo, il quale ricorre in tribunale per chiedere i danni causati dalla perdita della capacità lavorativa specifica e dalla perdita di chance avvenuta a seguito di un incidente.
La corte territoriale gli riconosce solamente il 5% di invalidità, spiegando che il riconoscimento così basso è dovuto al fatto che il medico, durante il processo di primo grado, non aveva epressamente formulato domanda di invalidità permanente e non aveva presentato alcun documento a dimostrazione delle proprie pretese.
Non ritenendosi soddisfatto, il danneggiato si oppone e ricorre in Cassazione.
Perdita della capacità lavorativa: come richiederla
I Giudici Supremi, con la sentenza n. 4302 del 13 febbraio 2023, ritengono la doglianza del radiologo fondata. Spiegano, infatti, che il giudice di merito, nell’interpretare e quantificare una domanda di risarcimento danni, è tenuto a tener conto del contenuto sostanziale della pretesa, come desumibile dalla situazione dedotta, e non da come tale richiesta è stata formulata.
In altre parole, non conta come la richiesta finale di risarcimento danni viene formulata, bensì il contenuto effettivo di tutto l’atto presentato, compresi i documenti e le prove prodotte a sostegno.
Affermare che la quantificazione di un danno subito viene effettuata solo sulla base di una esplicita richiesta finale è superficiale. Sempre secondo la Cassazione, anche se il danneggiato richiede un generico risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, questa comprende tutti i casi.
Di conseguenza, la domanda specifica di risarcimento dei danni da perdita di capacità lavorativa specifica e di chance, non può essere considerata assente dalle richieste nel momento in cui dal contenuto dell’atto e delle richieste è evidente che il ricorrente intendesse proporla.
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